Chiesa San Gregorio - Campalano


 
Dedicata a San Gregorio, questa chiesa, pur risalendo agli inizi del 1500 e conservando ancor oggi al suo interno opere di un certo valore come alcuni affreschi dell'Aliprando e altre tracce di antiche pitture, è conosciuta per la presenza sulla facciata di quattro steli funerarie di età augustea con un busto incavato nella parte superiore. Quattro veri e propri gioielli di stile e bellezza che ne fanno una tappa obbligata per chi transiti da queste parti. 

La chiesa, come sopra accennato, già in antichità risultava non solo presente ma molto frequentata dai fedeli e, pur essendo stata consacrata nel 1533, già sei anni prima, in occasione delle visite pastorali fatte da Matteo Giberti, venne trovata 'parrocchia' retta da Don Leonardo de Gaudino ma soggetta '...de iurepatronatus domini Sigismundi de Caballis...'. Questa situazione era il risultato di un'investitura fatta oltre 100 anni prima e precisamente nel 1453, quando la Repubblica di Venezia vendette una parte del feudo di Sanguinetto espropriato ai Dal Verme. In quell'occasione il patrizio veneto Nicolò Cavalli acquistò i beni, la giurisdizione e il giuspatronato sulla chiesa di Campalano, che andarono così a costituire un vicariato feudale autonomo: situazione che proseguì per tutto il periodo della dominazione veneziana. 

La chiesa, all'interno, è a navata unica abbellita da tre altari cinquecenteschi in legno di scuola trentina. Sempre della stessa provenienza era anche l'opera di San Gregorio posto sull'altare di destra, rubato da ignoti in passato e sostituito da una copia. Le pareti laterali sono abbellite da pregevoli frammenti di affreschi del primo Cinquecento mentre la volta sopra l'altare maggiore è impreziosita da un 'Padre Eterno' realizzato dall'Aliprandi. In sacrestia vi è una grande lapide sepolcrale con lo stemma dei Cavalli, dedicata da Bernardino Cavalli a sua moglie Giovanna nel 1560. Da menzionare, inoltre, una tela raffigurante Maria e due Santi Martiri opera di Domenico Scatola. Altre opere d'arte sono state trasferite in luoghi sicuri per paura di furti e, tra esse, una cinquecentesca tela raffigurante San Pietro e San Gregorio. 

L'interesse maggiore è comunque rappresentato dall'esterno, dove, accanto a un bel campanile, nella facciata trova la sua parte più interessante. Sono quattro straordinarie steli funerarie romane quelle murate ai lati della porta d'ingresso, incassate entro i due registri esterni formati dalle quattro lesene doriche che scandiscono la facciata. La simbiosi dei monumenti romani con le strutture rinascimentali ha creato un insieme estremamente suggestivo. Si tratta di tre steli della Gens Truttedia e una di Coecilius Nyinphius risalenti alla metà del I secolo D.C. In basso a sinistra sta la coppia di coniugi Truttedi sotto un timpano affiancati dalle figure di Attis; nella parte bassa, divisi da una ghirlanda, sono rappresentati la Gorgone e un cane che insegue la lepre. Anche nella stele in basso a destra è scolpita entro una conchiglia e, ai lati, il genio funebre con la fiaccola rovesciata; sotto sta l'iscrizione 'TRUTTEDIO P.L. / I PHILOMUSO PATRI / MAGIAE M.F. MAXIMAE / MATRI'. In alto a destra vi è l'ultimo dei tre monumenti dei Truttedi, che ha un solo ritratto, quello di P. Truttedio III fratres della tribù publilia, cioè Veronese, affiancato da due figure che danzano negli Elisi impugnando il bastone pastorale. In alto a sinistra si trova il monumento di Cecilio Ninfio e Mecia Gemella, la sua convinvente. 




Foto su gentile concessione del Sig. Luca Santoro
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